mercoledì 16 dicembre 2009

Il Fatto


Ci ho provato di nuovo.
“Il Fatto” di MarcoTravaglio non è – come si poteva sospettare alla sua nascita - un quotidiano solo per Dipietristi e Grillini; sempre più spesso sbuca dalle sacche dove un tempo s’affacciavano Manifesto ed Unità; lo trovi sotto l’ascella pezzata di un passante, guancia a guancia con Repubblica; avvolge le percoche del fruttivendolo che un tempo era assiduo lettore di Liberazione.
“Il Fatto” si è imposto anche a sinistra, tra gli intellettuali di sinistra. Lo leggono persone di indiscutibile cultura ed intelligenza. Quello che mi chiedo è…perché?
Inutile avventurarsi in acrobatiche analisi politiche, che inevitabilmente mi condurrebbero in luoghi che ho frequentato tante di quelle volte da averne la nausea. I silenzi, i vuoti della sinistra…il Berlusconismo talmente dilagante da aver coinvolto i suoi avversati e detrattori. E basta…
Il problema che mi pongo stasera è un altro…come dall’incipit, ci ho provato di nuovo…e questo “Fatto” continua a sembrarmi un giornalaccio…
Ho tra le mani la copia di ieri. Amo dare giudizi sommari e sviluppare sani pregiudizi, ma in questo caso – proprio perché questo giornale è letto da persone di provata sapienza – ho voluto essere meno superficiale di quanto la mia periodica fiacchezza vorrebbe.
Pagine 1-2-3-4…5…..6!...cacchio…7! Sette pagine su diciotto si occupano del caso “souvenir sul volto del premier”. Ora dico…non è una notizia da nulla…ma oltre un terzo del giornale è dedicato a questo. Nessun approfondimento, nessuna analisi degna di tal nome…fondamentalmente, prese per il culo a Berlusconi.
Per fortuna, in prima pagina una geniale battuta del geniale Corrado Guzzanti, che non posso non riportare per intero:
“Ieri a Milano un matto, estraneo a qualunque organizzazione politica e in cura psichiatrica da 10 anni, ha colpito al volto il premier Silvio Berlusconi. E’ il frutto del clima violento scatenato dai magistrati, dai giornali e dalle televisioni, contro il governo. Oggi un altro matto si è versato un piatto di pastasciutta in testa: politica e istituzioni si uniscono unanimi a condannare anche questo episodio”. Questo significa essere un fuoriclasse.
Ma la vera perla è a pagina 5…”Il rebus Veronica”…ci si pone l’angustiante problema del “se Lady Veronica abbia chiamato Berlusconi”. Il premier dice di si, ma…attenzione! Palazzo Chigi smentisce! Nessuna chiamata dalla Lario…
Ma si può?
Da pagina otto a pagina 11 una panoramica su qualche notizia…il processo breve in primis, ovvio. Poi lo scandalo Wind, la monnezza a Palermo, un accenno al processo Spartacus. Qualità dell’approfondimento? “Leggo”, “City”…questo è il livello.
Pagina 12: pubblicità.
Pagina 13…toh! L’Iran…mezza pagina. Poi una pagina per la cultura, una per lo sport, due per la tv, una per l’economia. I quest’ultima, nel bel mezzo dell’articolo che tratta dell’economia asiatica…senza nessun senso, senza nessuna logica, appare un estratto di Enzo Biagi che prende per il culo Berlusconi….
Poi la posta, e stop…finito il giornale. Circa il 60% dello spazio dedicato alla politica, è occupato dal souvenir in faccia al Presidente del Consiglio. Ironie, prese di posizione, strumentali polemiche sulla qualità della sicurezza del premier…e qualche disperato tentativo di costruire un’analisi da parte di Oliviero Beha.
O non capisco davvero nulla – e quindi tanto vale che lasci perdere i giornali e mi dia alle percoche - o questo è il giornale meno berlusconiano, ma più berlusconista in circolazione.

giovedì 11 giugno 2009

Fino alla fine...e la fine si avvicina sempre più...

La sinistra è malata di snobismo, c’è poco da fare.
Cesaro ha vinto le elezioni e giù una pioggia di commenti: non sa parlare, è un ignorante, è un analfabeta.
E sulle cosiddette veline che Berlusconi avrebbe dovuto portare all’eurodisney, o all’europarlamento, in ogni caso a divertirsi. Il problema non è che i candidati siano calati dall’alto come lo Spirito Santo, ma che sono delle idiote…senza cultura…delle oche giulive.
E anche quando non sono oche, sono state scelte solo perché bone o vicine, molto vicine al Presidente.
Mah…
Cesaro sarà uno sgrammaticato. E allora? Non siamo nella Repubblica di Platone, al governo non devono andare i migliori, siamo in democrazia. Ovvero, devono essere rappresentate tutte le fasce sociali, tutti i cittadini. Con questa logica, gli ignoranti neanche dovrebbero votare.
Ci saranno altre ragioni per lagnarsi di Cesaro, si vedrà, ma mi rode sentire ‘ste menate sulla cultura.
Sarebbe auspicabile una classe politica più colta? Certo, perché sarebbe auspicabile una società più colta. Ma per un branco di asini, è meglio essere rappresentati da un altro asino che da un purosangue.
E il caso veline…certo non è un bell’affare. Ma non lo è stato neanche, per me, trovarmi in lista con Sinistra e Libertà il solito Francesco Caruso, cui non darei un voto neanche sottotortura. Dove non ci sono le primarie, e non ci sono – neanche a sinistra, poche chiacchiere – le liste vengono scelte dagli alti papaveri. Era meglio Di Pietro che candidò De Gregorio? O Casini che h candidato Emanuele Filiberto? Oppure il nostro Caruso?
Le candidature vengono selezionate in base a logiche di potere, nepotismo, clientele varie, popolarità, appetibilità dei nomi. Il Presidente del Consiglio è molto più viscerale nelle sue scelte…per orientarsi nelle decisioni si affida alla sua personale bussola, il cui ago (almeno così vuole far credere) indica sempre il nord.

mercoledì 25 marzo 2009

Onorevole Ronchi

Qualche settimana fa, l'Onorevole Ronchi - ospite di Porta a Porta - urlando e sputacchiando all'indirizzo della povera Rosibindi - dichiarava con il consueto orgoglio postfascista, parlando di romeni accusati di stupro:"non sono uomini ma bestie". E alle proteste della Rosy, ribadiva in maniera ancora più convincente: "SONO BESTIE!".
Ovviamente l'espressione, presa alla lettera, è semplicemente errata. Sono esseri umani a tutti gli effetti, da un punto di vista scientifico, antropologico ecc. ecc.
Il senso dell'assioma ronchiano ovviamente era un altro: la bassezza morale, l'abiezione del gesto, ha degradato questi individui da uomini a bestie.
Altrettanto ovviamente è un discorso - come si suol dire - di pancia. Un'abitudine perdonabile al popolo (non giustificabile...perdonabile) ma non ad un ministro. Il fatto che sia rappresentante del popolo non vuol dire che debba rappresentarne i malumori anche quando sono espressione della rabbia più...posso dire bestiale?
Responsabilità di un uomo di governo sarebbe quella di abbassare i toni, non cavalcare il fiume di bile fino a rischiare uno straripamento. In sostanza, un ministro dovrebbe usare il cervello, non la pancia. Il cervello produce ragionamenti, analisi, proposte. La pancia si esprime a peti.
Ragionamenti, ministro Ronchi...analisi...non peti!
Perchè se un uomo, in virtù di un atto abietto, può essere degradato a bestia, allora è lecito ritenere che non abbia più i diritti che normalmente riconosciamo agli esseri umani.
Un ministro non dovrebbe neanche osare esprimersi in questo modo.
Anche il sostenitore delle politiche più severe, più repressive, dovrebbe ricordare in ogni momento:"stiamo parlando di esseri umani".
Poi...una riflessione a margine. I due romeni accusati dello stupro della Caffarella sono stai riconosciuti innocenti. Il popolo li aveva già condannati (per non parlare delle voraci e ottuse comunità di facebook), se avessero potuto li avrebbero linciati.
Razzisti.
Nessuno si ferma a riflettere su un fatto gravissimo: uno dei due accusati, nonostante fosse innocente, aveva confessato. Perchè? La prima ipotesi: è stato costretto. La seconda ipotesi (ancora peggiore): ha avuto paura di uscire...
Ci stiamo riducendo ad una "democrazia" in cui un innocente deve aver paura di dichiararsi tale per paura di un'opinione pubblica che lo ha già condannato?
In ogni caso, erano innocenti. Ahi...e ora che si fa?
Poi hanno trovato i colpevoli, sono pur sempre due romeni. I conti - finalmente - tornano.
R-A-Z-Z-I-S-T-I.

giovedì 5 febbraio 2009

Involuzione silenziosa

Il diritto penale pre-moderno era caratterizzato da una peculiarità: per uno stesso reato, la pena poteva variare in base all’identità del reo e della vittima. In parole semplici: se un ricco ammazzava un povero, non subiva la stessa punizione di un povero che ammazzava un ricco.
Non il “fatto”, dunque, come elemento centrale del diritto, bensì il soggetto.
Oggi ci appare come un’aberrazione.
L’evoluzione del diritto penale, per fortuna, consegna agli uomini un principio di civiltà: La Legge è uguale per tutti.
Italia, 2008. Il governo Berlusconi applica una piccola modifica all’arti. 61 (comma 11 bis) del codice penale, ovvero “l’aggravante se il fatto [reato] è commesso da un soggetto che si trova illegalmente sul territorio italiano”.
L’attenzione - dal fatto - torna subdolamente a concentrarsi sui soggetti. Io e un clandestino possiamo commettere lo stesso e identico reato. Ma lui è clandestino…quindi è più grave.
Il veleno a piccole dosi quasi non si sente, si insinua nell’organismo e circola liberamente, inquinando giorno dopo giorno il nostro sangue.
Siamo presbiti. Riusciamo a vedere con chiarezza solo ciò che è distante; distante nello spazio e nel tempo.
E così, ciò che ieri era un’aberrazione, oggi non ci appare come tale.

domenica 25 gennaio 2009

Esigenze Cautelari

La violenza sulle donne è un tema che ogni tanto torna di attualità. In realtà è probabilmente il problema più antico del mondo, coincidente con il momento stesso in cui l'uomo si è reso conto di essere più forte fisicamente.
In questi giorni, le cronache nazionali hanno duramente provato le nostre sensibilità attraverso una serie di episodi di rara drammaticità. Primavalle, Guidonia, Fiera di Roma...sono stati teatri di aberranti suprusi, che al di là dell'immediata reazione viscerale, spingono a qualche riflessione più approfondita.
In particolare, il caso di Davide Franceschini, l'ITALIANO (visto che lo precisiamo per gli stranieri, facciamolo con tutti...) di 22 anni che, alla Fiera di Roma, la notte di Capodanno - forse terrorizzato dal proverbio che impone attività sessuale proprio l'ultimo giorno dell'anno per eludere 12 mesi di forzata astinenza - ha stuprato una coetanea in un bagno chimico e, quando il cerchio attorno a lui cominciava a stringersi, ha deciso di costituirsi.
Ora, per l'applicazione di una misura cautelare, è agli arresti domiciliari.
E l'Italia si ribella.
Premessa: spesso la pubblica opinione - ma anche i media, dolosamente o colposamente che sia -confondono misure cautelari e condanna definitiva. Allora ci si scandalizza, presumendo magari che un ubriaco che ha investito e ucciso tot persone sia stato condannato semplicemente ai domiciliari. In realtà, finchè non si è consumato un processo l'imputato è innocente (non lo dico io, ma la Costituzione). Tuttavia, fino all'eventuale condanna definitiva, può essere sottoposto a misure cautelari (in casi estremi, anche alla custodia in carcere).
E' un principio di civiltà, non è possibile sbattere in cella qualcuno prima che ne sia stata appurata la colpevolezza.
Però vorrei dire una cosa sulle misure cautelari.
Queste vengono applicate se e solo se si verificano determinati presupposti, i quali consistono i tre peculiari condizioni:
1) Gravità del delitto; non è possibile, ad esempio, applicare una misura cautelare per un calcio in culo ad un passante (almeno spero...). Per lo stupro, ovviamente, si
2) Gravi indizi di colpevolezza; in questo caso, parliamo di reo confesso, quindi non ci sono dubbi
3) Esigenze cautelari; ovvero, deve sussistere almeno una delle esigenze cautelari, che sono: pericolo di inquinamento o dispersione delle prove - pericolo di fuga - pericolo di reiterazione di reati.
Esistono vari tipi di misura cautelare; tra quelle coercitive personali, la più grave è ovviamente la custodia in carcere. Qual'è la discriminante per cui si decide di applicare la custodia in carcere anzichè gli arresti domiciliari?
Sfogliamo il codice di procedura penale, libro IV art. 275 (criteri di scelta):
"Nel disporre le misure, il giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto"
Ok...andiamo al comma 3:
"La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all'articolo 416 bis del codice penale o ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416 bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari"
Quando parliamo di 416 bis parliamo di associazioni di stampo mafioso.
In linea teorica, il giudice ha applicato la legge. Il giovane Davide Franceschini non risulta essere un mafioso, esistono a suo carico gravi indizi di colpevolezza relativi ad un reato grave, e sussistono esigenze cautelari: arresti domiciliari.
Io però non sono d'accordo. Si parla tanto di sicurezza, pacchetti sicurezza, pacchi veri e propri, soldati da tutte le parti...a volte piccoli accorgimenti potrebbero essere molto più efficaci.
Io ad esempio applicherei una piccola modifica alla legge, anche per ridurre la discrezionalità del giudice: la custodia cautelare in carcere si applica quando, oltre a sussistere gravi indizi di colpevolezza, esigenze cautelari ecc..., la libertà dell'imputato possa essere di pregiudizio alla serenità della vittima.
Questi due abitano nella stessa città...
Qualcuno potrà obiettare: ma gli arresti domiciliari non significano libertà, i due comunque non potranno incontrarsi.
Sbagliato. "Arresti domiciliari" significa che se lasci la tua abitazione ti beccano e trascinano in carcere. Ma intanto sei uscito, non c'è un controllo! In questo caso la vittima ha diritto o no di sapere che non rischierà più di incontrare il suo aggressore, a meno che non venga riconosciuto innocente o abbia scontato la pena?
Magari sono in errore. Mi piacerebbe sentire qualche altra opinione (niente "tagliamogli le palle" o "la ragazza se l'è cercata", please...)

mercoledì 21 gennaio 2009

Uruk Ar - di Enrico Romano, Sergio Vasquez, Dario Scognamiglio


Narrativa, 248 pagine
Volume I
Uruk Ar è una terra senza passato; nessuno dei suoi abitanti ne conosce la storia; le cronache più fedeli, le ricostruzioni più accurate non vanno oltre i quattro secoli. Uruk Ar sembra apparsa dal nulla 400 anni prima, con i suoi abitanti e la sua non-storia. E per tutti i suoi abitanti, Uruk Ar è il mondo, nulla esiste oltre i suoi confini: il deserto di Sabbionga, l’Invalico, il mare…la distesa infinita impossibile da oltrepassare. A nessun abitante di Uruk Ar verrebbe mai in mente di sfidare le acque, il calore del deserto, il misterioso Invalico. I limiti di Uruk Ar sembrano coincidere con quelli delle menti dei suoi abitanti. In questa cornice si intrecciano i destini di due giovani, Li Day Shen e Balzarbam, caratteri opposti e apparentemente inconciliabili che finiranno, al contrario, per diventare inseparabili compagni di avventura, travolti da una serie di eventi e personaggi, una vera e propria rete di imprevisti apparentemente intessuta per stringersi sempre più avvolgente attorno i loro destini. Li Day Shen e Balzarbam scopriranno di essere al centro di qualcosa che non riescono a capire, artefici involontari di un progetto che potrebbe cambiare per sempre la non-storia di Uruk Ar. Fianco a fianco, i due avventurieri dovranno affrontare un protagonismo non voluto, una nuova dimensione di vita segnata da drammi personali e minacciosi venti di guerra. Fianco a fianco, Li Day Shen e Balzarbam dovranno capire quale destino è stato scelto per loro, e decidere se assecondarlo o, al contrario, riscrivere la non-storia di Uruk Ar.

giovedì 8 gennaio 2009

I due comitati

Questo è un racconto scritto diverso tempo fa, di possibile interesse solo per chi ha seguito le alterne vicende del forum "concorsi.it".
E' bene precisare che si tratta di un parto della mia immaginazione, pura fantasia, per cui ogni riferimento a fatti, persone, eventi e bla bla bla, è puramente casuale.
Buona lettura


I due comitati


SuorDidola prese posto per ultima attorno alla grande tavola, al centro dell’ampio salone del castello di famiglia. Il locale era disadorno, essenziale, illuminato dalla luce fioca di poche candele, alcune consumate da tempo, e un paio di fiaccole sulle pareti più ampie della sala rettangolare. Polvere e ragnatele raccontavano la storia di un casato ormai decaduto, così come la totale assenza di mobilia. Eccezion fatta per quell’enorme tavola rotonda, che un tempo aveva visto riunirsi valorosi cavalieri ed importanti esponenti del clero e della nobiltà e al cui centro, oggi, troneggiava un simbolo scolpito nel legno di ciliegio, e dipinto col sangue dei numerosi coraggiosi:”C1”.
SuorDidola studiò il silenzio aleggiante per la sala. Pendevano dalle sue labbra; ne era consapevole e vezzosamente prolungava l’attesa, sistemandosi meglio sulla sedia o incontrando gli sguardi trepidanti degli altri convenuti. Il più nervoso di tutti sembrava Gius, che si mordicchiava febbrilmente le unghie sperando di infrangere l’insopportabile silenzio che sembrava opprimerlo.
Finalmente, SuorDidola prese la parola:
«Non ha funzionato. Il comitato di Mirtilla esiste ancora. Pare stia facendo addirittura nuovi proseliti» - il nervosismo di Gius sembrò aumentare – «non è colpa tua. Abbiamo provato ad usarti ma non ha funzionato, e tu ne sei uscito abbastanza pulito» – si affrettò a tranquillizzarlo SuorDidola.
Gohan sembrava cadere dalle nuvole. Cercò prima lo sguardo di Gius, che però aveva ormai divorato le prime tre dita della mano sinistra e fissava sgomento la pozza di sangue ai suoi piedi, poi quello di SuorDidola. Seguendo lo sguardo di lei, si accorse che nell’ombra, in un angolo della grande sala, c’era qualcuno…immobile, le braccia al sen conserte, scrutava i convenuti senza proferire parola. Era una figura maschile, vestita di scuro con il volto nascosto da un ampio cappuccio che, complice il buio della sala, ne rendeva imperscrutabili i lineamenti. Gohan scoprì di essere inquietato da quella figura.
SuorDidola non si lasciò sfuggire lo sgomento dell’amico, e riprese la parola:«Gohan, vedo che cadi dalle nuvole. Dovresti frequentare più assiduamente l’altro forum. Abbiamo tentato prima attraverso la calunnia…poi con una sagace attività di spionaggio…ma niente. Il comitato è ancora in piedi. Purtroppo gode del sostegno di personaggi pericolosi, nemici dalle armi affilate…come quel maledetto Picard!».
In quel mentre, un urlo agghiacciante, proveniente dai sotterranei del castello, gelò il sangue nelle vene degli astanti. SuorDidola, tuttavia, non ne sembrò turbata, e proseguì:
«E poi quella str… di Luna, quella disgr…di Ginevra, e soprattutto quella…quella…quella non so cosa di Lorina! Quella poi la odio! Quella str…quella maled…quella zocc…»
– Gohan strabuzzò gli occhi – «ehm, scusate» – aggiunse subito SuorDidola, passandosi una mano tra i capelli – «sapete bene che odio le volgarità, così come le polemiche sterili. Io, come voi tutti, sono interessata solo alle assunzioni…».
Gius, che ormai aveva un moncherino al posto della mano, non poté non notare i polpastrelli usurati di SuorDidola. Anni di arrampicata sugli specchi ne avevano consumato la pelle ad un punto tale da non avere più impronte digitali. Di contro, la perizia in questa disciplina le aveva consentito di uscire indenne da situazioni quantomeno imbarazzanti.
SuorDidola riuscì a dominarsi, e riprese il discorso:
«ho mandato contro Picard…» – altro urlo bestiale dai sotterranei… - «il mio uomo migliore. Abbattuto il capitano, sarebbe stato più facile sfondare le deboli resistenze di quella specie di comitato. Ma nonostante l’ottimo lavoro svolto dal mio mercenario, Pic…il capitano regge ancora. A questo proposito, voglio presentarvi il sicario di cui sto parlando. Signori, lui è Ciucco!».
Dall’ombra, emerse la figura incappucciata che tanto timore instillava in Gohan. SuorDidola si alzò e lo raggiunse, accarezzandogli con tenerezza una spalla. Ciucco non rispose al gesto, né proferì parola. Dal cappuccio proveniva soltanto un respiro pesante, opprimente. SuorDidola mostrò orgogliosa ai convenuti il suo allievo:
«Lui è uno di noi. E’ Darth Ciucco, il mio Sith personale. In lui la dialettica scorre vigorosa…grazie ai suoi servigi porteremo lo scompiglio nel comitato di Mirtilla, e mostreremo loro il lato oscuro del DAP!».
Brividi di terrore percorsero le schiene degli astanti.
SuorDidola assaporò con soddisfazione l’effetto che aveva suscitato l’apparizione del suo gioiello. Cresciuto come buffone di corte presso un importante casato, aveva sviluppato una sottile arte oratoria, fatta di battute pungenti e sagaci allusioni. Dopo aver rischiato la morte per eccesso di autoerotismo, SuorDidola lo aveva salvato, e pian piano ne aveva fortificato spirito e corpo, trasformandolo in Darth Ciucco. La nobile decaduta volle dare a tutti una dimostrazione delle sue illimitate capacità:
«Adesso, mio giovane allievo, mostra a tutti ciò di cui sei capace. Mostra a tutti la tua imbattibile dialettica!».
L’inquietante sagoma di Ciucco si portò al centro dell’ampia sala. Faticosamente, riuscì a dominare il suo respiro asmatico e stregò l’uditorio:
«Cacca! Pisello! Tette e mano destra!».
SuorDidola gongolò:«che ironia! Che incredibile proprietà di linguaggio! Continua Ciucco, continua!»
«Merda…ehm…uh…doppio pisello…e poi vaffanculo, e pippe, e scorreggione! Mano destra, mano amica, Federica…si! Federica! Oh, mia Fed…»
SuorDidola lo fermò giusto in tempo:«Calmati Ciucco…ora basta. Ricordi come sei finito l’ultima volta? Non potresti sopravvivere ad un altro intervento».
Ciucco riuscì a mantenere il controllo. Ancora immobile al centro della sala, riprese a respirare come un materassino gonfiabile.
Gli altri aspiranti educatori erano rimasti poco convinti dalla performance di Ciucco. Forse non tutti erano in grado di capire e, dunque, apprezzare la sua arte oratoria.
SuorDidola, esperta manipolatrice di esseri umani, intuì gli umori della folla. Ma non era preoccupata, sapeva di avere ancora un asso nella manica per non perdere la fiducia dei suoi accoliti.
«Adesso però» – disse improvvisamente – «non è più tempo di astuzie e schermaglie verbali. E’ il momento di un attacco frontale. Libereremo il Balrog!»
Il timore si trasformò presto in terrore. Ma SuorDidola questa volta non volle assecondare le paure dei suoi; questa volta, li avrebbe scioccati:
«Tutti insieme…evochiamo il Balrog»
I convenuti - pur timorosi - si alzarono in piedi, si unirono in una catena circolare stringendosi le mani (tranne Gius che dovette offrire un gomito) e cominciarono a gridare all’unisono:
«Picard è bello…Picard è sposato…Picard è un vero amico…Picard è…» – non poterono completare il rituale. Urla strazianti arrivarono dai sotterranei, coprendo persino l’insopportabile respiro di Ciucco. Il Balrog spezzò le catene che lo immobilizzavano, e avanzò fino al grande salone. Sfondò la porta con un calcio e si portò furente al centro della grande sala, liberandosi con una spallata dell’asmatico Sith. La lunga chioma bionda incorniciava un volto feroce, dove gli scintillanti occhi azzurri promettevano - agli sventurati che ne fossero stati rapiti - atroci sofferenze, e le labbra tumide si chiudevano in un ricciolo crudele.
SuorDidola la accolse con un sorriso:«Ben arrivata, Vanesias». La vichinga siciliana schiumava rabbia; il petto ansimante si contraeva ad un ritmo spasmodico, e solo con un notevole sforzo riuscì a dominare gli istinti bellicosi caratterizzanti la sua natura di Berserk, e a parlare in maniera comprensibile:”dovv’e Piccard”. Questo era il massimo del comprensibile cui poteva aspirare Vanesias. Anni di lotte sanguinarie e battaglie civili non le avevano lasciato il tempo per approfondire le basi della sua lingua madre. Preferibilmente si esprimeva a gesti (gestacci, per la precisione), o arrivava direttamente alle mani.
«Vanesias, per ora lascia stare Picard. Devi telefonare a Mirtilla. Dovete stipulare un finto accordo…in questo modo, arriveremo a conoscere i suoi segreti e potremo finalmente spiattellarli sul forum…ahahahahahahaah!» – SuorDidola si lasciò andare ad una risata satanica che fece tremare le tenui fiammelle delle candele. Né Ciucco né Vanesias potevano incutere il timore che instillava SuorDidola negli altri quando mostrava la sua vera natura. Le pupille ardevano di un fuoco innaturale, e la sua ombra proiettata lungo le pareti della sala ricordava inequivocabilmente quella di Belzebù. Ciucco si strinse nel mantello, ma in questo modo acuì i suoi problemi di asma beccandosi uno sguardo di rimprovero dal Berserk siciliano.
SuorDidola frugò nelle tasche, ne trasse un telefono cellulare e lo offrì a Vanesias:
«Purtroppo non c’è il vivavoce» – disse – «il numero è memorizzato. Mi raccomando, Vanesias, adesso contiamo sulla tua arte oratoria».
«Nno ti peroccupare» – rispose lei con prontezza.
Telefonarono. Ma Mirtilla aveva il telefono spento, e scattò la sua segreteria telefonica:
«Ciao, sono Mirtilla…ora non posso rispondere. Se vuoi lasciare un messaggio, scrivi a rossi.educatore. Se invece vuoi essere richiamato, manda una mail a rossi.educatore. Se hai sbagliato numero…manda un messaggio di protesta a rossi.educatore. Ecco…adesso hai sonno, tanto sonno…quando ti sveglierai, avrai voglia di scrivere a rossi.educatore!».
Vanesias tuttavia non capì subito che aveva a che fare con una segreteria telefonica:
«Ciauzzzzzzzzz! Mirtilla, sono Vanesias, volessi parlarti. Ciauzzz!!! Oddio oddio come odio l’ipocrisia, che ci vuoi fare, così e la vita. Gohan dove sei???????????»
«Sono qui Vanesias» – rispose ingenuamente Gohan, subito zittito da SuorDidola:«E’ un intercalare…non interromperla!»
Dopo 15 “Ciauzzzzz”, SuorDidola intuì che qualcosa non andava. Strappò l’apparecchio di mano al Berserk e interruppe la telefonata:«ti rendi conto che hai lasciato un messaggio di dieci minuti nella sua segreteria? Dovevi solo attaccare e richiamare successivamente. E poi cosa c’entravano quelle chiacchiere sul Bertolini, Picard che non è sposato e le inadempienze degli educatori? Vanesias, devi seguire il copione che io ti ho scritto! Guarda che così come ti ho creata posso distruggerti».
Il Berserk cominciò a fissare il vuoto, cercando di trovare un senso nelle parole di SuorDidola.
Dal canto suo, la nobile decaduta cominciò a temere che sarebbe necessariamente toccato a lei esporsi. Detestava rischiare in prima persona. In tanti anni, pur tramando e ordendo i più complessi intrighi, era sempre riuscita a mantenere una facciata rispettabile. Se avessero scoperto il suo gioco, avrebbe dovuto esibirsi in un’arrampicata libera sugli specchi che neanche Manolo avrebbe osato.
Guardò speranzosa verso il suo Sith:«Ciucco…mio giovane allievo…vuoi provare tu?»
Forte del suo acume, l’ex giullare si fece avanti spavaldo.
SuorDidola però non voleva correre altri rischi:«Prima però dobbiamo provare. Bisogna dire così…ciao Mirtilla…ho trovato il tuo telefono spento, potresti essere così gentile da richiamarmi a questo numero? Sarei molto interessato ad aderire al tuo comitato, e quindi vorrei essere messo al corrente delle vostre iniziative…grazie, ciao!...chiaro? Adesso prova tu».
Ciucco tentò:«Ciao Mirtilla…ho trovato il tuo pisello spento…che fai stai facendo cacca? Uh Uh…potresti essere così gentile da richiamarmi a questo numero? Sarei molto masturbato ad aderire al tuo comitato…ci sono molte tettone? Ih..Ih…, e quindi vorrei essere messo a pecora…beeeehh! Beeeeeh! Vorrei essere messo al corrente delle vostre iniziative…grazie, ciao!»
SuorDidola sapeva che non avrebbe potuto pretendere di più, e si decise ad affidarsi al suo Sith.
Ciucco telefonò; resistette stoicamente all’ipnotico messaggio di Mirtilla, ripassò rapidamente le frasi da dire, ma quando arrivò il momento…quando sentì la frase “lasciate un messaggio dopo il beeep!” non poté resistere. Anni di goliardia idiota lo avevano condizionato a un punto da non essere più padrone delle sue azioni. Dopo il beep, fu costretto a produrre una roboante pernacchia.