martedì 29 aprile 2008

Immigrazione: status di irregolare è prima causa di devianza

di Andrea Di Nicola (Ricercatore in Criminologia, Università di Trento)

Il Sole 24 Ore, 28 aprile 2008

L’equazione "stranieri uguale criminalità" serpeggia tra i media, i politici e la gente comune. Le notizie sulla sicurezza sono urlate e i cittadini hanno paura. Bisognerebbe fare chiarezza, riportare oggettività in un dibattito "emotivo", per ragionare sulle possibili soluzioni. Come emerge dai dati del Dap e dagli studi condotti dal Centro interuniversitario Transcrime (Università di Trento e Cattolica), il quadro dei dati sugli immigrati presenti nei penitenziari italiani certo non appare roseo: sono tanti e in aumento e anche il confronto con altri Paesi evidenzia che la situazione italiana, pur non essendo la peggiore è complicata.
I dati significano però poco se non sono interpretati. I perché di così tanti stranieri sono spesso legati, infatti, a cause oggettive che sfavoriscono i migranti e di cui all’opinione pubblica si da raramente conto. Vediamole. La criminologia da tempo insegna che sono i maschi giovani a delinquere di più.
Poiché la popolazione straniera ha più maschi giovani di quella italiana, essa è statisticamente più a rischio di commettere reati. Inoltre, che cosa ci aiuta a conformare le nostre condotte alle regole, a comportarci bene? I legami sociali, gli affetti, la rete di persone intorno a noi, il nostro livello di integrazione nella società. Tutte cose che, non di rado, gli stranieri non hanno.
Possono poi sentire il peso della delusione di aspettative non corrisposte; e le frustrazioni, a volte, generano devianza. Un altro fattore da considerare è la condizione - di regolarità o irregolarità - dello straniero. La maggior parte della criminalità degli immigrati - tra il 70 e il 90% a seconda dei reati - è appannaggio degli irregolari. Analisi scientifiche dimostrano che i regolari hanno invece tassi di criminalità più bassi degli italiani.
È quindi l’irregolarità a produrre criminalità, e non, come una lettura superficiale dei dati potrebbe far pensare, la semplice nazionalità straniera di una persona. E più le norme sull’immigrazione contribuiranno involontariamente a generare irregolarità, più le nostre carceri traboccheranno di immigrati. Gli extracomunitari sono poi sovra rappresentati perché molti sono perseguiti per violazione delle leggi sull’immigrazione, reati che gli italiani, per ovvi motivi, non possono commettere. Si tratta di delitti per i quali entrano e rimangono in prigione solo per pochi giorni, facendo lievitare i numeri.
Oltre a queste violazioni, i reati degli immigrati sono per lo più furti, scippi, rapine e spaccio di stupefacenti. Crimini ad alta visibilità, che allarmano l’opinione pubblica, che attraggono l’attenzione delle polizie più di altri e per i quali è spesso previsto l’arresto in flagranza: questo significa più probabilità, rispetto agli italiani che si concentrano anche su altre forme di criminalità, di essere denunciati e di finire in galera. Così come è più alta la probabilità di denuncia, così, dopo la denuncia, per lo straniero è più elevata la probabilità di rimanere in carcere in attesa di giudizio.
Il rapporto tra stranieri e giustizia italiana è difficile. Possono avere problemi a esercitare il diritto alla difesa, per scarse possibilità economiche o per la carenza di una rete di rapporti familiari e/o amicali stabili. Inoltre la limitata conoscenza della lingua può penalizzarli durante l’intero processo penale. Raramente, d’altro canto, propongono appello contro la sentenza. In attesa di giudizio, all’immigrato di rado sono concessi i domiciliari: la custodia cautelare è spesso eseguita in carcere per mancanza di una fissa dimora e perché esiste un concreto pericolo di fuga.
Ma anche nel caso di condanna a pena detentiva, le alternative alla detenzione sono usate poco. I motivi sono, anche qui, lo stato di irregolarità unito alla scarsità di strutture lavorative e abitative in grado di accogliere gli extracomunitari. Questi ultimi, in aggiunta, usufruiscono raramente di trattamenti disintossicanti al di fuori del carcere.
Per la sostanza prevalentemente usata (la cocaina), la dipendenza è meno forte e con sintomi di astinenza meno violenti di quanto accade per gli italiani. La gestione di stranieri tossicodipendenti in carcere diventa più semplice. Il loro stato di irregolarità o clandestinità non permette poi la copertura sanitaria "fuori". Gli immigrati sono i nuovi ultimi. E nelle carceri finiscono gli ultimi. Le nostre prigioni sono sempre più un grande contenitore di disagio sociale. Un disagio che dovremmo sentire, ma che non ascoltiamo.

lunedì 28 aprile 2008

Lettera al Papa

E se invece...

di Fausto Marinetti

(Sognando un viaggio papale diverso...)



Caro Papa, se sei "padre di tutti", non puoi non ascoltare anche lo sfogo dell’ultimo dei tuoi figli, vero?
1 - E se invece di incontrarti con 5 vittime degli abusi sessuali del clero ti fossi incontrato in uno stadio con i 5mila e più preti pedofili? Se invece di parlare di "questa terribile prova come un momento di purificazione", avessi riconosciuto con loro le colpe istituzionali, la violazione della "Carta del fanciullo" dell’ONU che proibisce l’arruolamento e la segregazione dei minori in seminario? Se avessi ammesso che un ambiente a sesso unico e dove la sessualità è considerata peccato non può che favorire le peggiori depravazioni sessuali quali la pedofilia? Se avessi individuato nella cultura catto-pagana della corporeità la causa di tante deviazioni e ossessioni sessuofobiche? Una certa devozione mariana non contribuisce all’immaturità emozionale, trasmettendo un modello di donna asessuata, incorporea? Che cosa succederà quando il giovane prete sarà a contatto con il gregge che al 50% è femminile? Come può il celibato essere una libera scelta se il candidato non sa, di fatto, ciò a cui rinuncia ed è travolto dall’entusiasmo giovanile e dall’indottrinamento? Che ne sa della crisi di paternità, della naturale complementarietà con l’altra "metà del cielo", della solitudine affettiva, che lo sorprenderà più avanti? Non è temerarietà mandare allo sbaraglio dei giovani, senza "istruzioni per l’uso", senza una maturazione umana per il controllo delle pulsioni? In certi delitti ci sono gli esecutori materiali ed i mandanti. Nel caso della pedofilia chi sono i mandanti? E’ sufficiente elaborare un regolamento più restrittivo, chiedere perdono, alleggerire le casseforti diocesane (2 miliardi di dollari), lasciando tutto il resto come prima?
Si dice che tu abbia letto, da cardinale, i resoconti di migliaia di denunce. Ma allora perché parlare di "comportamento gravemente immorale"; "questo male"; " la dimensione e la gravità del problema"; " il peccato d’abuso", senza mai chiamarlo con il suo vero nome, cioè crimine, delitto, come prevede il codice civile? (Anche il card. B. Law in tribunale aveva dichiarato: "Noi credevamo che fosse un peccato, non un crimine.."). Ti sei reso conto che dei bambini/e, traditi dal rappresentante di Dio, hanno avuto la sensazione di essere violentati da Dio stesso? Una tragedia così insopportabile, che diversi hanno infierito su se stessi con il suicidio, la droga, l’alcool. Erano certi che neppure una chiesa-matrigna, cieca e sorda alla loro disperazione, avrebbe potuto restituire loro la gioia di vivere?
2- E se invece di un incontro segreto, avessi invitato nello stadio le oltre diecimila vittime dichiarate, questo fatto non avrebbe incoraggiato tutte le altre a venire allo scoperto? E se ti fossi fatto aiutare dai 5mila preti pedofili a lavare loro i piedi? E se poi avessi fatto imbandire un banchetto? Non sarebbe stato il segno più efficace della celebrazione del perdono? (Secondo certe proiezioni non c’è stadio capace di contenere le centomila vittime presunte...)
Doveroso mescolare le tue lacrime con quelle delle vittime, ma queste dichiarano che non basta piangere, ci vogliono azioni concrete, fatti nuovi. Per esempio: non premiare il card. Law con il titolo di arciprete di s. Maria maggiore; processare e destituire i vescovi responsabili della diffusione dell’infezione; ascoltare i laici, coinvolgerli nella gestione della parrocchia e dei beni ecclesiastici. Meglio ancora, tornare alle origini: i preti siano solo degli anziani di provata saggezza.
3- L’incontro con il presidente Bush fa pensare ad un Papa "americanizzato" più che globalizzato. E se invece di stringere una mano insanguinata, avessi posato con l’ultimo candidato alla pena di morte, quale brivido evangelico avrebbe invaso il mondo? E se poi avessi celebrato il "Vangelo della vita" nel braccio della morte del più grande carcere statunitense? Non è forse vero che il presentarsi sulla scena del mondo come capo di Stato non può che indurre a inevitabili quanto intollerabili compromessi? Te lo immagini un Cristo che posa sorridente con Erode o con Nerone?
4- Se il pastore chiama a raccolta solo le pecorelle che sono nel recinto; se cerca il loro plauso e applauso; se coltiva il loro servilismo, non rischia di ampliare il mito del "fuhrer religioso"? Se invece di una popolarità gonfiata ad arte, al costo di 20 dollari per gadget; se invece di accarezzare il vezzo popolare che mette sullo stesso piano rock star, politici, capi religiosi, tu avessi dato un segno profetico, celebrando nel Bronx, in una periferia, in un nosocomio, in un raduno di afro-americani? Oh la lezione del Cristo, che fa il suo ingresso trionfale a Gerusalemme in groppa ad un asinello! Che presa in giro dei generali che celebravano i loro sanguinosi trionfi entrando in città a cavallo, con i trofei degli schiavi ed i bottini di guerra! Perché presentarsi ancora con insegne imperiali, bardamenti medioevali, cui hanno rinunciato anche i capi di Stato? Viene forse sminuito lo spessore morale del Dalai Lama quando si presenta con il vestito della semplicità?
5- E’ bene ricordare le "ingiustizie sofferte dalle native popolazioni americane e da quanti dall’Africa furono portati qui come schiavi". Ma perché non mettere il dito sulla piaga dell’american way of living, su uno stile di vita all’insegna dell’usa-e-getta, che diventa il modello di ogni popolo? Non una parola sull’inquinamento delle culture minori, sulle nuove invasioni hollywoodiane, i fast food, le armi personali, lo "spionaggio celeste", la tortura, le guerre stellari, ecc.
6- Se Cristo afferma di non essere venuto per i sani, ma per i malati, perché non incontrare drogati, carcerati, malati terminali, prostitute, aspiranti suicidi, gay e quant’altro? E se invece di chierici, vescovi e cardinali (non li incontri tutti i momenti nei sacri palazzi?), avessi riservato un incontro ufficiale alle madri, i cui figli sono stati uccisi in guerra? E se avessi ascoltato le donne, le ragazze madri, le vedove per sentire il loro parere su contraccettivi, staminali, feti prematuri, ecc.? Tu, professore e gran teologo, saprai tutto, ma non saprai cosa vuol dire essere donna e madre, vero? Ah, la mania clericale di predicare, insegnare, far piovere la "verità" dall’alto! Ma se non si ascolta, se non si accoglie il tormento degli altri, se non si condivide, come sarà possibile dare delle risposte ai disperati e ai perduti?
7 - Se all’ONU invece di richiamare le nazioni ai loro doveri, avessi chiesto perdono per aver imbavagliato tanti teologi, interrotto il dialogo, offeso le altre religioni, dichiarandole incapaci di salvezza? Forse che il Cristo è geloso, si vergogna di farsi aiutare, nel suo lavoro salvifico, da Budda, Muhammad, Gandhi, Luther King? Si parla di trionfo papale nel palazzo di vetro, ma fame e Nord/Sud ci sono andati stretti nel discorso ufficiale. Sei forse un papa filoccidentale, quasi sordo-muto per i popoli senza voce?
8- E se tu sapessi cosa vuol dire disperarsi per non poter dare da mangiare ai figli, non avresti detto una parola chiara a chi si dice cattolico e possiede capitali tali da finanziare anche il viaggio papale? (4 cittadini americani - Bill Gates, Paul Allen, Warren Buffet e Larry Eleison - detengono il PIL di 42 paesi poveri con una popolazione di 600 milioni di abitanti)? Come può il "padre di tutti" ignorare che 50 milioni di americani sono a rischio impoverimento? Proprio nel palazzo di vetro il segretario generale aveva invitato le nazioni ad arrestare l’aumento del prezzo dei generi alimentari di circa il 40% in un anno ([1]), che produrrà un vero «silenzioso omicidio di massa» (Jean Ziegler). "Più di tre miliardi di persone sono condannate ad una morte prematura. Lunedì 26 marzo la sinistra idea di trasformare gli alimenti in combustibile è stata definitivamente fissata come linea economica della politica estera statunitense" (Fidel Castro).
9- E se invece di esaltare ancora una volta la carità, avessi detto che i problemi si risolvono con la giustizia e con cambiamenti strutturali? Come esorti medici, infermieri e farmacisti a fare obiezione di coscienza contro tutto ciò che si oppone al "Vangelo della vita", perché non inviti ad obiettare contro le guerre preventive, i bombardamenti all’uranio impoverito, le bombe intelligenti, i morti civili (che i generali chiamano danni collaterali), i profughi (5 milioni), i mutilati (4 milioni), le vedove e gli orfani, i 12 milioni di senzatetto, i 12 milioni di traumatizzati, i 7/8 milioni di bambini di strada in America Latina?
10- Se a Ground Zero non ti fossi limitato a pregare, ma avessi richiamato una nazione onnipotente al rischio di essere erede della cultura del super-popolo, di una "nuova razza ariana", che tanta strage ha fatto? Non pesa su un terzo dei cattolici americani (60 milioni) la responsabilità di essere la nazione più armata (750 basi militari nel mondo), più arricchita, più sfruttatrice, più bellicosa del mondo?
Forse gli ingenui siamo noi, che pretendiamo, da un papa-professore, di parlare più da "padre", che da cattedratico, più con segni efficaci, che con raziocini astratti?

Tuo indegno figlio,

fausto marinetti




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Note
[1] Sono scoppiate "sommosse del pane" in Camerun, Egitto, Burkina Faso. Negli ultimi anni la domanda di cibo è cresciuta dell’8%, il prezzo è aumentato del 50%. E’ la globalizzazione dei morti di fame. Secondo l’ONU, circa 4 miliardi vivono sotto il limite di sopravvivenza: 2 miliardi e 800 milioni dispone di 60 dollari mensili; 1 miliardo e 200 milioni di 30 dollari; un miliardo gli analfabeti (tre quarti sono donne; 27 milioni vivono in situazione di schiavitù; 200 milioni per il commercio sessuale; Nel mondo ogni anno muoiono di fame da 5 a 20 milioni di persone. Secondo il World Food Programme (2001), sul pianeta c’è cibo sufficiente per l’intera popolazione mondiale. Ma nonostante ciò la fame affligge ancora una persona su sette. In Europa e Stati Uniti si spendono 17 miliardi di euro per gli animali domestici. Ne bastano 13 per garantire salute e alimentazione in tutto il mondo.




Mercoledì, 23 aprile 2008

mercoledì 9 aprile 2008

Volto Santo




























Non mischiamo il sacro col profano.
Cosa c’entra Cristo con le miserie terrene?
Queste ed altre sono le espressioni di chi si straccia le vesti quando il figlio di Dio è tirato per la tunica, e coinvolto nelle faccende terrene.
Una rivoluzione copernicana, un rovesciamento dell’insegnamento di Gesù di Nazareth. Non sono credente ma lo sono stato, qualcosa mi sembra di ricordarlo…ricordo infatti qualcosa a proposito i un Cristo che si è fatto uomo. Ma ci hanno pensato gli uomini stessi a riportarlo prepotentemente alla sua vocazione di nascita. Mi ricordo di un Cristo nato in una stalla, un Cristo che mangiava, beveva, sudava come gli altri. Si sporcava le mani, nessuno più di lui ha mischiato il sacro col profano.
Ed ecco l’iconografia cristiana, dove l’agnello di Dio volge sempre gli occhi al cielo…ma quando mai! Come Aristotele nella Scuola d’Atene Cristo aveva gli occhi ben piantati sulla terra, cercando di ficcare nelle zucche vuote dei suoi contemporanei che “il sabato è fatto per l’uomo, e non viceversa”.
Ma un Cristo così, sudato, con le mani sporche e lo sguardo fisso sulle miserie terrene, non fa comodo ai cristiani. Perché costringerebbe anche loro a guardare proprio dove non vogliono. Come si fa a sopportare la propria corruzione con Cristo che ti tiene gli occhi addosso? Molto meglio che guardi verso l’alto, che sia per interrogare il cielo, o per sfuggire la vista della lordura terrena.



mercoledì 2 aprile 2008

Giustizia: Caniato (Cei); nuovo Codice e misure alternative

Riporto questo intervento alla faccia di chi sostiene che sono prevenuto contro tutto ciò che viene dal mondo della chiesa:

Asca, 1 aprile 2008
Con mille nuovi detenuti ogni mese, le carceri italiane stanno di nuovo scoppiando proprio come prima dell’indulto: la denuncia arriva da mons. Giorgio Caniato, che per la Cei ricopre l’incarico di Ispettore Generale dei Cappellani Italiani.
In vista delle prossime elezioni, mons. Caniato, che è stato anche cappellano di San Vittore a Milano, non arriva a chiedere un nuovo indulto. "Piuttosto serve una riforma del Codice Penale, con la depenalizzazione di molti reati, e il potenziamento delle misure alternative al carcere, come l’affidamento ai servizi sociali".
Anche se, aggiunge, "molti parlamentari, non faccio nomi, si sono fatti eleggere promettendo amnistie e condoni e poi, quando è arrivato Mastella e ha fatto l’indulto, tutti si sono tirati indietro e hanno fatto finta di non esserci mai stati, oppure hanno tirato fuori dei numeri che non rispondono alla realtà".
"Non è assolutamente vero - si accalora - che se la gente delinque è colpa dell’indulto. La maggior parte dei detenuti sono nuovi, pochissimi i recidivi". "Sono impressionato - spiega - dalla perdita di identità morale della società: chi arriva in carcere non sono solo i poveracci, quelli che trasgrediscono la legge per motivi economici, che sarebbero anche giustificati a rubare se muoiono di fame, ma i ricchi.
C’è una grandissima crescita dei reati in famiglia, sulla strada, tra i giovani. In tanti anni non ho mai visto una situazione del genere: ho avuto solo due ragazzi dentro per omicidio quando, dal ‘59 al ‘73, sono stato cappellano del carcere minorile "Beccaria". Adesso i ragazzi che arrivano in carcere si mettono a piangere, non si rendono conto di essere responsabili della violenza. E si è persa completamente ogni fiducia nella giustizia e nella legalità".
Anche la magistratura, aggiunge mons. Caniato, ha la sua grande parte di colpa in questa crisi: "Quando ero a San Vittore, durante Mani Pulite, ho conosciuto tanta casi di gente che è finita dentro ed poi stata rimandata a casa perché non aveva fatto niente. È vero che la giustizia è politicizzata". Poi, conclude, "basta con i processi mediatici come quelli di Cogne o di Erba: non dico che è colpa dei magistrati la crisi della nostra società, ma che i magistrati dovrebbero occuparsi delle indagini invece di fare conferenze stampa, altrimenti si perde credibilità e serietà".