di Andrea Di Nicola (Ricercatore in Criminologia, Università di Trento)
Il Sole 24 Ore, 28 aprile 2008
L’equazione "stranieri uguale criminalità" serpeggia tra i media, i politici e la gente comune. Le notizie sulla sicurezza sono urlate e i cittadini hanno paura. Bisognerebbe fare chiarezza, riportare oggettività in un dibattito "emotivo", per ragionare sulle possibili soluzioni. Come emerge dai dati del Dap e dagli studi condotti dal Centro interuniversitario Transcrime (Università di Trento e Cattolica), il quadro dei dati sugli immigrati presenti nei penitenziari italiani certo non appare roseo: sono tanti e in aumento e anche il confronto con altri Paesi evidenzia che la situazione italiana, pur non essendo la peggiore è complicata.
I dati significano però poco se non sono interpretati. I perché di così tanti stranieri sono spesso legati, infatti, a cause oggettive che sfavoriscono i migranti e di cui all’opinione pubblica si da raramente conto. Vediamole. La criminologia da tempo insegna che sono i maschi giovani a delinquere di più.
Poiché la popolazione straniera ha più maschi giovani di quella italiana, essa è statisticamente più a rischio di commettere reati. Inoltre, che cosa ci aiuta a conformare le nostre condotte alle regole, a comportarci bene? I legami sociali, gli affetti, la rete di persone intorno a noi, il nostro livello di integrazione nella società. Tutte cose che, non di rado, gli stranieri non hanno.
Possono poi sentire il peso della delusione di aspettative non corrisposte; e le frustrazioni, a volte, generano devianza. Un altro fattore da considerare è la condizione - di regolarità o irregolarità - dello straniero. La maggior parte della criminalità degli immigrati - tra il 70 e il 90% a seconda dei reati - è appannaggio degli irregolari. Analisi scientifiche dimostrano che i regolari hanno invece tassi di criminalità più bassi degli italiani.
È quindi l’irregolarità a produrre criminalità, e non, come una lettura superficiale dei dati potrebbe far pensare, la semplice nazionalità straniera di una persona. E più le norme sull’immigrazione contribuiranno involontariamente a generare irregolarità, più le nostre carceri traboccheranno di immigrati. Gli extracomunitari sono poi sovra rappresentati perché molti sono perseguiti per violazione delle leggi sull’immigrazione, reati che gli italiani, per ovvi motivi, non possono commettere. Si tratta di delitti per i quali entrano e rimangono in prigione solo per pochi giorni, facendo lievitare i numeri.
Oltre a queste violazioni, i reati degli immigrati sono per lo più furti, scippi, rapine e spaccio di stupefacenti. Crimini ad alta visibilità, che allarmano l’opinione pubblica, che attraggono l’attenzione delle polizie più di altri e per i quali è spesso previsto l’arresto in flagranza: questo significa più probabilità, rispetto agli italiani che si concentrano anche su altre forme di criminalità, di essere denunciati e di finire in galera. Così come è più alta la probabilità di denuncia, così, dopo la denuncia, per lo straniero è più elevata la probabilità di rimanere in carcere in attesa di giudizio.
Il rapporto tra stranieri e giustizia italiana è difficile. Possono avere problemi a esercitare il diritto alla difesa, per scarse possibilità economiche o per la carenza di una rete di rapporti familiari e/o amicali stabili. Inoltre la limitata conoscenza della lingua può penalizzarli durante l’intero processo penale. Raramente, d’altro canto, propongono appello contro la sentenza. In attesa di giudizio, all’immigrato di rado sono concessi i domiciliari: la custodia cautelare è spesso eseguita in carcere per mancanza di una fissa dimora e perché esiste un concreto pericolo di fuga.
Ma anche nel caso di condanna a pena detentiva, le alternative alla detenzione sono usate poco. I motivi sono, anche qui, lo stato di irregolarità unito alla scarsità di strutture lavorative e abitative in grado di accogliere gli extracomunitari. Questi ultimi, in aggiunta, usufruiscono raramente di trattamenti disintossicanti al di fuori del carcere.
Per la sostanza prevalentemente usata (la cocaina), la dipendenza è meno forte e con sintomi di astinenza meno violenti di quanto accade per gli italiani. La gestione di stranieri tossicodipendenti in carcere diventa più semplice. Il loro stato di irregolarità o clandestinità non permette poi la copertura sanitaria "fuori". Gli immigrati sono i nuovi ultimi. E nelle carceri finiscono gli ultimi. Le nostre prigioni sono sempre più un grande contenitore di disagio sociale. Un disagio che dovremmo sentire, ma che non ascoltiamo.
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