domenica 14 ottobre 2007

Recensione: Piccolo manuale di autodifesa intellettuale


Baillargeon, Normand, Piccolo manuale di autodifesa intellettuale.


Nell’era delle grandi democrazie e dello strapotere comunicativo dei media, la cosiddetta “finzione ideologica” sostituisce in gran parte la coercizione e la violenza come strumento di gestione (o contenimento) del dissenso. L’arma della persuasione si rivela più efficace e subdola della prova muscolare, soprattutto perché ancora non abbiamo imparato a usare efficacemente il pensiero critico, unica qualità che può offrirci una difesa intellettuale, per essere cittadini attivi nella dialettica democratica.
L’autore di questo Piccolo manuale di autodifesa intellettuale si propone di fornire gli strumenti atti a sviluppare e affinare il pensiero critico, per difendersi dalle strategie comunicative, le ciarlatanerie, gli inganni. A ogni livello e in ogni forma, dalla comunicazione quotidiana a quella politica e dei grandi sistemi d’informazione, dagli illusionismi alle filosofie e culture di natura esoterica, attraverso i labirinti del linguaggio, dei numeri, delle immagini.
La prima parte del volume definisce alcuni “indispensabili strumenti del pensiero critico”, attraverso un affascinante viaggio nel mondo della logica formale e matematica. Dai paradossi ai paralogismi, fino a elementi di calcolo delle probabilità, è la parte più tecnica e probabilmente più ostica del testo. È interessante lasciarsi condurre dall’autore, scoprendo come il linguaggio quotidiano nasconda delle insidie, come la nella comunicazione quotidiana delle semplici ipotesi diventino “necessità logiche” in virtù di un uso ingenuo (o malizioso) del linguaggio. Ed è anche piacevole stupirsi, nello scoprire con quanta (colpevole?) innocenza ci lasciamo suggestionare dai numeri. Il testo si rivela comunque adatto tanto a chi non è digiuno di logica quanto a chi ne ignora finanche le basi, poiché si tratta di una carrellata piuttosto sommaria di concetti anche molto elaborati, ma il cui fine reale sembra fondamentalmente svelare agli occhi del lettore una serie di autentici strumenti d’attacco, ma anche di difesa. Strumenti che dobbiamo imparare a padroneggiare per difenderci da chi invece ne fa un uso disinvolto, quando non addirittura fraudolento.
La seconda parte del volume entra invece “nel vivo della battaglia”, esplorando i campi dove siamo più inermi, dove più che in altri sarebbe necessario praticare la difesa intellettuale: dalla scienza all’astrologia, dalla politica ai media. L’autore ci mostra le trappole della comunicazione e soprattutto quelle in cui cadiamo grazie alla nostra complicità. Particolarmente interessante in questo senso è il terzo capitolo, quello relativo all’“esperienza quotidiana”, dove Baillargeon evidenzia alcune attitudini grossolane del nostro modo di giudicare, in virtù dei quali siamo noi i primi a dover essere smascherati attraverso gli strumenti della difesa intellettuale. Dal noto effetto Pigmalione all’effetto Forer, l’autore illustra le nostre cattive abitudini mentali, le scorciatoie del pensiero che portano soltanto ad allontanarci dalla verità. Se una verità c’è, poiché il leitmotiv del testo è il primo comandamento della difesa intellettuale: diffidare. E quindi, come Baillargeon maliziosamente sottolinea in conclusione, diffidare anche dello stesso autore che ci sta dicendo di diffidare. Un paradosso, senz’altro, come quelli che s’incontrano nella prima parte del volume. Sembra quasi che, al termine di questo viaggio, l’autore voglia salutarci con un pizzico d’ironia, come nel geniale Brian di Nazareth dei Monty Python, dove l’involontario profeta Brian urla alla folla in delirio che lui non è il loro leader, e devono pensare con la propria testa; e la folla sempre più delirante accoglie questo nuovo comandamento perché “l’ha detto Brian!”. Ma non c’è in realtà ragione di sentirsi irrisi; l’autore ha giocato con i suoi lettori dalla prima all’ultima pagina, e conclude in maniera assolutamente coerente, con un lungo elenco di siti, riviste e video di varia tendenza politica e ideologica, dov’è possibile ottenere un’informazione “alternativa”.
In sostanza, il libro è un “pungolo”, la cui lettura stimola a cambiare qualcosa, attraverso la scoperta di strumenti che forse non conoscevamo e il desiderio di imparare a usarli. Se questo era l’obiettivo dell’autore, lo scopo può considerarsi raggiunto. Anche in virtù di uno stile ironico e fluente, con continui richiami all’attualità e alla quotidianità. Chi tuttavia immaginasse di impadronirsi, attraverso questa lettura, degli “strumenti di difesa intellettuale” di cui si tratta, resterebbe deluso. Solo la studio e l’impegno costante (in alcuni casi, addirittura attraverso esercitazioni pratiche che l’autore non manca di suggerire) possono metterci in condizione di padroneggiare le strategie utili ad affinare il nostro pensiero critico.

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